Democrazia continua
Ma quali vantaggi possono nascere dal matrimonio tra internet e democrazia? Stefano Rodotà già nel 1998 aveva coniato il concetto di “democrazia continua” ovvero una democrazia che abbraccia l’intero processo di elaborazione e di decisione dove lo strumento abilitante era ovviamente internet. In questa accezione il cittadino non è più solo mero spettatore delle decisioni della politica, non viene più solo interpellato a valutare nel momento dell’espressione del voto la bontà delle proposte politiche decise “in alto”, ma è reso partecipe ed autore della costruzione e della valutazione di un progetto politico. E non soltanto una volta, bensì molteplici volte ed in maniera del tutto de-gerarchizzata poiché non esistono entità superiori che escludono i livelli più bassi. La pervasività delle rete annulla di fatto confini e barriere territoriali, sociali, fisiche e di classe consentendo così una maggiore compiutezza dell’elemento della rappresentatività. Affinchè un siffatto sistema sia però portatore di istanze compiute (che, in base al principio del continuo miglioramento ed aggiornamento, non significa chiuse definitivamente) e concrete c’è bisogno di un sistema che riconosca e faccia riconoscere l’apporto delle competenze qualificate sui diversi ambiti di trattazione che ci conduce direttamente alla necessità di elaborare degli strumenti che riescano a portare a sintesi il lavoro svolto. In questo ambito lo Stato deve riappropriarsi del suo ruolo di garante del funzionamento del sistema libero da interessi di profitto (economico o elettorali) e nel rispetto delle diverse ideologie e correnti di pensiero.
Trasparenza delle istituzioni
Questo consentirebbe allo Stato – attraverso un miglior utilizzo degli open data – di aumentare la propria apertura verso l’esterno favorendo i processi di trasparenza: si lascia traccia di cosa, come e quando lo si è deciso e di chi ha deciso. Non solo, consentendo a chiunque di poter analizzare ed elaborare le informazioni si aprono molteplici spazi di efficientamento dell’azione pubblica tramite l’utilizzo dell’intelligenze collettiva e diffusa.
Rapporto eletti-elettori
Cambia di conseguenza anche il rapporto eletti-elettori: il meccanismo che consente un costante monitoraggio dell’azione politica ne facilita anche il suo indirizzo migliorando il diritto di controllo (da parte deli elettori) e dovere di rendere conto (da parte degli eletti). Le forme di partecipazione dei cittadini alla quotidiana vita amministrativa vengono in tal modo rafforzate ed integrate dagli strumenti informatici che consentirebbero l’instaurarsi di un continuo processo consultivo e propositivo.
Ruolo dei partiti
La conseguenza di questo nuovo paradigma che vede il cittadino al centro e co-protagonista dell’azione politica attraverso il suo ruolo di costruzione, monitoraggio e controllo di un progetto politico-amministrativo e del rappresentante nelle istituzioni, trova il punto di caduta nella messa in discussione, con conseguente ripensamento, del funzionamento dei partiti politici. Sempre di più infatti l’assemblearismo virtuale sta sostituendosi a quello reale con conseguenti sfide ed opportunità che si pongono davanti in ambito sociale e culturale. Senza abbandonare il rapporto fisico, il virtuale potrà e dovrà servire per completare l’esperienza. Un’esperienza che non potrà prescindere da un diverso approccio del cittadino alla vita amministrativa, perché se è vero che la tecnologia è un abilitatore, è la persona che guida i processi e le organizzazioni.
Un nuovo spazio democratico
Ma mentre sinora l’uso della tecnologia (in particolar modo dei media digitali) per facilitare il cambiamento sociale e l’attivismo sono serviti sostanzialmente al mero supporto o promozione on line di una causa (il c.d. Clicktivism), il traguardo del cambiamento sta invece nel suo utilizzo per abilitazione di tutti i cittadini alla libera comunicazione elettronica, alla libertà di informazione, alla condivisione di idee e progetti col fine di inferire sulla politica (il c.d. Hacktivism). Ed allora il cittadino potrà finalmente avere la possibilità di slegarsi dalle promesse elettorali di breve respiro e riorientarsi (e far riorientare) verso i bisogni di medio lungo termine, la possibilità (ed anzi forse il dovere) di partecipare il maniera consapevole, critica ed attiva alla vita della nuova politica (per evitare il rischio di eventi plebiscitari e finte democrazie).
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